Amore per il Messico
La tv trasmette immagini orribili sulla tragedia accaduta questa notte
in Messico, che vede coinvolte milioni di persone, smarrite, in strada, nel panico,
bloccate dal traffico, dall’assenza di corrente elettrica e da macerie,
ovunque. Ancora 30 bambini intrappolati in una scuola e
chissà quante persone delle quali ancora non si hanno notizie. Il bilancio
delle vittime, per ora centinaia, è provvisorio. Immediati messaggi mandati
alle persone care, che fortunatamente sono rimaste vive. Subito dopo la mente
ha la necessità di ricordare. Quella parte di cuore che ho lasciato lì, in un
paese che mi ha ospitata più volte, che ha la mia stessa bandiera, si fa sentire.
28 anni, uno zaino da 18 kg, troppi, e una sola lingua a disposizione,
la mia. Il primo ricordo: l’atterraggio del volo sulla capitale di notte. Dall’oblo
si iniziano a vedere le luci della città, penso ci siamo, stiamo atterrando, ma
le luci continuano ancora, ancora e ancora, una distesa interminabile, un
benvenuto grande come nove milioni di persone. Solo il primo regalo. Il secondo
mi attende all’aeroporto, senza conoscermi, Manuel Nique Cornelio, fratello del caro amico e
nostro vicino di casa Ricardo, antropologo, 73 anni, mi accoglie in casa sua come
si fa con una figlia. La mattina, prima della colazione ringrazia Dio per questa “meravigliosa
giovane donna” sua ospite e chiede protezione per il mio cammino. Fa trasferire momentaneamente sua nipote Gloria da lui, per consentirmi
di avere “un'amica coetanea”. Mi fa visitare un posto al giorno, la casa di
Frida Kahlo il lunedì, il museo antropologico il martedì, e così via per otto
giorni, fingendosi stanco e anziano, aspettando solo che fossi in grado di
capire e di farmi capire, per poi lasciarmi proseguire il viaggio, da sola. Mi fa notare la differenza tra la strada facile e quella più impegnativa,
con l’esempio dei tanti bambini che ai semafori salgono sulla macchina per
qualche spicciolo, che la mano in tasca ci va da sola. Mi porta a un centro di
recupero che li toglie dalle strade, i bambini. “Loro saranno in strada a
prendere finché ci sarà qualcuno ai semafori a dare”. I regali non finiscono, la differenza tra Messico DF e il resto del
paese è enorme, con la grande città lasci anche la paura e il bisogno di
guardarti intorno. Il viaggio per Tuxla
Gutierrez in Chiapas, dura 18 ore di pulman ma con soste comprese. L’unica testa bionda è la mia, e nessuno si è mai rivolto a me con una
frase meno gentile del -como puedo ayudarla princesa? – E ancora regali, il venditore di pannocchie sulle scale di una chiesa mi
chiede “che fai da sola? Nessuno deve stare da solo”, mi porta a cena nella sua
piccola casa poco distante con dentro 5 bambini, 1 moglie, 1 nonna 2 cani e
una ciotola di riso con fagioli in più per me. Una delle cene più belle della mia vita. Altro regalo Cuernavaca, capitale
dello stato di Morelos, dove c’è stato l’epicentro del terremoto, dove è sempre
primavera e di pomeriggio spesso non piove, cade proprio il cielo, ma solo per
quindici minuti poi torna tutta la luce, i fiori grandi, i colori accesi, il
verde più verde. Dove adoro andare al mercato con Delphina che mi insegna a scegliere gli
avocado, a non farmi fregare, a fare la salsa guacamole e le composizioni
con le grandi canne di bambù tagliate e ripiene di cactus. Una donna piccolina,
dolcissima come la più amorevole delle zie possibili, grata al suo lavoro che le consente di far studiare i suoi figli lontano da casa. Questi sono solo alcuni dei regali che questo meraviglioso paese mi ha fatto, al quale sono grata e oggi più vicina.
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